la leggenda di Lionel Castel – racconto fantasy

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racconto di Felice Gadaleta

Non avrò pace fino al giorno in cui riuscirò ad affrontarti,

che sia in questa vita o nell’aldilà

 

 

Ho letto nei testi antichi di una strada fatta interamente di stelle, la chiamavano Via Lattea. Non ricordo di aver visto mai oltre lo strato di nuvole sopra la mia testa, né da quando gli Ogres emersero dal fondale per dominare le nostre vite. Ricordo però il giorno in cui fummo attaccati perdendo il nostro prezioso carico. Fu l’ultima volta che vidi lo sguardo di mia madre.

Ritrovandomi in mare, la furia delle onde mi travolse spingendo il mio corpo negli abissi congelandomi il respiro, il panico prese il sopravvento, decine di corpi senza vita vennero inghiottiti davanti ai miei occhi guidati da un senso di impotenza mai provata prima. Sentivo la vita abbandonarmi mentre silenziosa scorreva attraverso le dita fondendosi nel mare.

Chiusi gli occhi per accogliere il buio apprezzandone una consistenza tattile, ma poco prima di perdere i sensi, la spuma biancastra si aprì all’apice di un muro d’acqua alto dieci piedi come se spaccato da una potente ascia… Scese il silenzio per un istante, poi il fragore della battaglia dominò lo spazio circostante.

Fu la prima volta che incontrai il Capitano Lionel Castel, emerso dal ventre della bestia, eruttato come lava da un improvviso vulcano sorto sulla superficie di un ghiacciaio.  Al mio risveglio mi ritrovai sulla ThunderStorm, in quel preciso istante capii quale fosse il mio destino.

 

Dal diario di Astrid

 

 

Quando gli Ogres emersero dal nulla attraverso la fossa delle Marianne distrussero per prima cosa la vegetazione marina. Le esalazioni delle creature reagirono con l’atmosfera corrompendo gli equilibri attorno al pianeta, creando uno spesso strato di nuvole gialle che invase i cieli velando il sole con una patina giallastra.

Gli sconvolgimenti che seguirono e la drastica riduzione dell’ossigeno nell’atmosfera, decimarono l’umanità e i superstiti dovettero trasferirsi vicino le coste per via della carenza di aria respirabile che negli anni si faceva sempre più critica.

La conseguenza di questi attacchi riunì tutti i popoli rimasti sotto un unico Impero, il regno di CatalVir.

Vennero formati nuovi eserciti a difesa di ciò che rimase, dopo la scomparsa della maggior parte degli esseri umani seguirono la stessa sorte gli animali e piante di tutto il pianeta. CatalVir a fatica riuscì a resistere, i superstiti lavorarono uniti con lo scopo di coltivare piante in strutture protette per ripopolare gli oceani prima della fine definitiva.

Vennero alzate le barriere sulle coste creando delle gigantesche vasche di contenimento, dentro ognuna di queste, flotte di vascelli fornivano l’ultima protezione tra i giganti del mare e la popolazione rimasta in vita.

Solo poche navi si lanciarono in mare aperto per combattere il nemico, la più importante tra queste era capitanata da un uomo che divenne una leggenda, portando la speranza in un modo ormai prossimo al collasso.

Le armi dell’uomo non riuscivano a penetrare la corteccia di quei demoni, a nulla valsero gli sforzi più ardi e gli immani sacrifici, fino al giorno in cui il Capitano Lionel Castel non apparve sul ponte di comando della Thundestorm con in pugno la leggendaria spada Keraunos, per fermare l’avanzata dei demoni del mare.

Quel vascello era la più potente nave da guerra mai creata dall’uomo; fatta interamente si ossa e cartilagine, a ogni vittoria guadagnava potenza distruttiva, come rinvigorita dal sangue dei caduti.

La lama di Keraunos divenne il simbolo della rinascita di un’umanità che tornò a credere in un futuro.

A ogni vittoria il clima sembrava rispondere e l’ossigeno incrementava le sue quantità, ma Lionel si spinse oltre e affrontò i demoni dove nessun uomo osava più mettere piede.   

 

Estratto dalle “Cronache del CatalVir”

 

 

 

 

La brezza delle prime ore del mattino le diede il benvenuto, il contatto della salsedine fresca sopra la pelle rinvigoriva lo spirito e riportava alla realtà le menti dominate dai sogni appena conclusi. Emergendo dalla scaletta, vide la figura imponente del quartiermastro svettare sopra il resto dell’equipaggio.

Era intento a ritirare la strumentazione che monitorava le attività notturne in cerca di prede, si trattava di una rete di nylon grande un paio di metri equipaggiata con sensori di movimento cuciti in piccole tasche, dotata di galleggianti sul perimetro.

Quando incrociarono gli sguardi, lui le sorrise cercando di nascondere lo sforzo con una smorfia improvvisata che le suscitò una enorme tenerezza.

“Buongiorno splendore, come ti senti questa mattina?” disse il quartiermastro gonfiando i muscoli delle braccia per issare la rete oltre la murata,

“Buongiorno a te Thomas! Direi non male, come sta andando la caccia?”

“Sembra bene, i nostri sensori hanno registrato movimenti interessanti questa notte. Dovremmo essere vicini.”

“Speriamo non sia troppo tardi. Quando ho saputo del mercantile sotto attacco ho rivissuto quanto successo alla mia famiglia…

“Tranquilla, Astrid. Dovrebbero essere al sicuro. La segnalazione è arrivata in un tratto di mare protetto da numerosi scogli, il carico di Poseidonia sembra aver trovato riparo e non si segnalano perdite.”

“Dici che si tratta di un DeepMaster?”

Il colosso fece spallucce continuando la sua attività. Astrid notò uno strano sorriso sul suo volto.

“Lo abbiamo trovato allora, si tratta di un DeepMaster!!!”

“Non lo sappiamo con certezza, diciamo che ci sono buone probabilità. Quel matto di Lionel da quando ha saputo delle dimensioni menzionate dal mercantile si è posizionato sul ponte di vedetta e da lì non è più sceso. Si parla almeno di centosessanta piedi.”

“Posso solo immaginare come si senta in questo momento”

“Sì, ma adesso che sai quello che sta per capitare, vai a prepararti. Non vorrai farti trovare in “pigiama” quando incontreremo quel cattivone!” Concluse ridendo mentre la rete venne completamente issata a bordo.

“Oh cavolo,” rispose imbarazzata.

Non si era accorta di essere uscita in coperta ancora senza tenuta da combattimento.

“Cinque minuti al massimo. Non un minuto di più”

Con un cenno di consenso, il colosso salutò la ragazza vedendola scomparire attraverso la scaletta in legno ed ossa.

Una volta all’interno, Astrid sollevò con un movimento istintivo la benda sull’occhio sinistro spostando la stoffa scura sull’occhio destro, permettendo così ai suoi sensi di percepire gli oggetti in quella nuova condizione di luce.

Questa operazione la imparò a proprie spese dopo che per svariate volte impattò le tibie contro i numerosi oggetti disseminati in un ambiente dominato per lo più da uomini. Aprendo la porta della sua stanza venne travolta dalla fragranza di spezie acquistate nel loro ultimo attracco al porto di ValiTar.

Lo sguardo venne rapito da una pila di volumi custoditi in una teca di vetro in un ripiano alto. Ogni sera prima di coricarsi ne leggeva alcuni estratti restandone ipnotizzata. Era il suo piccolo tesoro fatto di carta. La vita che conosceva lei era ben distante dal mondo narrato in quei racconti dove animali e piante prosperavano a perdita d’occhio.

Un mondo dove la luce del sole illuminava le creste degli alberi portando la vita, dove i fiumi scorrevano attraverso le città popolate da milioni di uomini in strutture di cemento e vetro, dove gli animali facevano da compagnia agli esseri umani e avevano nomi e diritti simili al loro. Un mondo troppo lontano dalla realtà che affrontava a ogni suo risveglio. Un mondo descritto fin troppo bene dalle “Cronache del CatalVir”, l’ultimo manoscritto stampato dall’uomo.

Astrid si avvicinò alla teca e posò la mano aperta sul vetro, fissando i volumi per alcuni istanti con sguardo trasognante, poi corrugò il mento, scostò lo sguardo e uscì con passo deciso dalla stanza tornando in coperta poco prima che il suono delle onde venne zittito dal corno di Virgo, l’intero equipaggio corse ai posti di combattimento muovendosi in sincronia come in un copione già vissuto centinaia di volte.

Le reti vennero issate a bordo, i cacciatori si posizionarono lungo i lati del vascello impugnando le lunghe lance. Il Capitano teneva gli occhi fissi su un punto preciso oltre l’orizzonte.

Vide la bestia emergere dall’acqua e un sorriso si fece strada impadronendosi del suo volto. Strinse la cima a cui era aggrappato fino a far sbiancare le nocche, gli occhi gli occhi divennero due fessure nel tentativo di mettere a fuoco la bestia che rompeva l’equilibrio della superficie mentre la mano libera posizionava il cappello sopra la sua testa.

“Armate il trinchetto, la colpiremo a babordo!” ordinò al suo equipaggio. Rimase appeso ad una cima utilizzando una sola mano mentre con l’altra puntava la bestia che ora mostrava il dorso squamato.

Sembrava fatto di una sostanza gelatinosa semitrasparente che ne rendeva possibile individuare gli organi al suo interno. L’acqua reagiva con le squame dorsale riflettendone la luce donando a quella forma pentagonale un profilo bluastro, i denti esterni lunghi decine di metri squarciavano le onde mentre gli occhi semichiusi galleggiavano sulla linea di separazione tra cielo e acqua.

Sulla scia di quel mostro, ormai a circa 800 di piedi da loro, i colpi di coda creavano onde alte decine di metri che si propagavano in ogni direzione. Sembrava lunga almeno centottanta piedi. Quando il mostro si accorse della ThunderStorm, un enorme boato riecheggiò. Con una violenta contrazione del fianco invertì la rotta creando una gigantesca onda che travolse il vascello. Lo scafo sussultò, ma continuò ad avanzare senza il minimo rallentamento.

Il demone del mare accelerò la sua carica serpeggiando verso la prua. Lionel ordinò ai suoi uomini di mantenere la rotta.

“Thomas, prepara gli uomini per dare il benvenuto al nostro amico!”

“Mi sembrano già belli carichi!” Rispose ridendo. “Vedrai che bella sorpresa si troverà davanti” disse tra sé e sé.

La bestia era cinquecento piedi da loro, dalla bocca eruttava una strana schiuma grigiastra e caricava battendo la coda con contrazioni spasmodiche dell’immane corpo, aumentando la velocità a ogni istante.

“Capitano siamo pronti!” Urlò il quartiermastro

“Ancora no!” Rispose

Trecento piedi

“Capitano si avvicina!”

“Ancora no!” Rispose urlando

Mancavano non più di cento piedi all’impatto quando il sorriso si dipinse nuovamente sul suo volto.

“ORA!!!”

Il fiocco si gonfiò sulla prua all’istante rivelando al mostro l’immagine del DeepMaster disegnato sul tessuto fatto di cartilagine. Il mostro deviò a sua corsa spaventato dal demone quando era a solo dieci piedi dalla ThunderStorm, quel tanto che bastò per non impattare con la prua; colpì il fianco della nave strusciando lungo tutta la murata di babordo, dove sporgevano lunghi rostri affilati che ne squarciarono le carni rilasciando in mare una grossa quantità di icore biancastro.

Le urla furono udibili a miglia di distanza. La bestia infuriata iniziò a dimenare la coda facendola impattare sulla poppa della ThunderStorm. Nonostante la protezione fatta di scudi che correva lungo tutto il profilo, si aprirono numerose crepe nella murata.

La bestia, ormai lontana qualche decina di piedi dalla nave, rimase sul posto alcuni istanti, muovendo il muso da una parte e dall’altra come confusa su quanto successo. Poi iniziò ad avvolgersi su sé stessa scomparendo nelle profondità degli abissi

“Tenterà un attacco dal basso, tenetevi pronti!” Urlò il capitano.

La velocità del vascello, intanto, si era ridotta in modo significativo. Lionel, dal ponte di vedetta, utilizzò la spinta del contraccolpo per lanciarsi verso la prua del vascello agganciato ad una cima sull’albero maestro.

Quando impugnò Keraunos, sentì la forza della Spada scorrergli nelle vene come centinaia di scariche di pura energia che gli pervasero le ossa.

“State pronti ora!” Ordinò senza voltarsi.

Il silenzio scese sopra di loro, un centinaio di occhi puntarono verso la distesa d’acqua sotto l’imbarcazione cercando di capire dove fosse la bestia. L’eco sinistra di un suono sordo proveniente da sotto la chiglia mise tutti sull’attenti.

“Thomas, ora tocca a te!” Ordinò Lionel

Il mare ribolliva sotto i colpi potenti delle pinne dorsali del mostro alzando il livello della superficie di decine di piedi

Il capitano vide la figura del demone marino risalire l’abisso intenzionata a frantumare lo scafo dal basso

“ORAAAA!” Ordinò al quartiermastro!

Il braccio del colosso fece scattare la botola sotto lo scafo della ThunderStorm liberando una potentissima luce che si proiettò verso il fondo del mare. Accecata dal fascio bianco, la bestia deviò la sua corsa facendo emergere il corpo poco distante dal vascello.

Con una prontezza felina, Lionel si lanciò nel vuoto in direzione della bestia facendo roteare in aria la lama di Keraunos, una mano scorreva lungo la superficie liscia come guida mente l’altra impugnava la fine del manico per dare potenza al colpo. La lama penetrò lo strato esterno delle carni proseguendo la sua corsa letale per quasi un terzo del corpo fino a che non si fu esaurito lo slancio dell’assalto.

Il capitano ancora agganciato alla bestia urlante venne trascinato a fondo e inghiottito dal risucchio del mare generato dall’impatto della massa titanica che la bestia generò impattando con la superficie dell’acqua.  Una spuma grigio fumo si allargò sotto il ventre del mostro che ormai respirava con estremo affanno. Le scialuppe vennero immediatamente calate per soccorrere il capitano, sebbene se ne fossero perse le tracce.

La bestia cercava inutilmente di resistere agli ultimi attacchi degli arpioni provenienti dalle lance che la circondavano. Un ultimo urlò di dolore si impadronì del cielo, dalla testa del mostro emerse la lunga lama ti Keraunos puntata verso il cielo come un pilastro di granito ricoperto di liquami. L’intero equipaggio urlò in direzione del capitano. Lionel ignorò i suoi uomini e continuò a dedicare il suo sorriso maniacale al filo di Keraunos.                         

“Quartiermastro, abbiamo del lavoro da fare! Prepara gli uomini, con tutto questo materiale mi aspetto una seconda battaglia prima di sera”                                                                                                      

Con la fronte impregnata ancora di sangue e liquami, prese il cappello. Nelle mani aveva ancora la sensazione di quando lo aveva ricevuto dal padre. Lo indossò. La distesa d’acqua salata che si perdeva all’orizzonte gli sussurrò maligna che quel pezzo di cuoio era l’unica cosa rimasta dell’intero equipaggio della Cyclops dopo lo scontro con il DeepMaster. A parte lui. Risalendo a bordo della Thunderstorm ne ripulì con cura la superficie.

“Prima o poi ti troverò” sussurrò verso il mare.

Il mondo degli antichi era finito, quello Lionel Castel iniziò la sua battaglia, a caccia di mostri.

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6 thoughts on “la leggenda di Lionel Castel – racconto fantasy”

  1. Nina ha detto:

    Letto tutto d’ un fiato!
    Estremamente accattivante e travolgente, lascia in attesa di scoprire se la ThunderStorm e il capitano Castel riusciranno nella loro rischiosa impresa.

    1. pav edizioni ha detto:

      Possiamo sicuramente rivelare che nelle intenzioni dell’autore ci sono altre storie legate al capitano Lionel Castel 🙂

      1. Glo ha detto:

        Un antipasto di quello che se preannuncia un pranzo succulento!
        Impossibile non aspettare il sequel!

        1. Dany ha detto:

          Avvincente! In attesissima di nuove avventure!

    2. Paolo ha detto:

      Non sono un amante dei fantasy, ma lo stile narrativo descrive i particolari permettendomi di visualizzare le scene in modo estremamente chiaro e realistico.

  2. Laura ha detto:

    Auspico vivamente un proseguo di questa epica avventura che mi ha avvinta, con sinceri complimenti all’autore ed auguri per altre mille avventure!

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