Il delitto di Merfield – racconto fantasy

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racconto di Eliana Crescenzo

Regioni Umane, Regno di Sanderman – Merfield

 

Il cielo si stava annuvolando. Tutti i rilevamenti sul posto erano già stati fatti e non aveva trovato niente di realmente significativo.

Il feudo di Merfield non era particolarmente ampio ed era situato poco più a sud del termine dei rigogliosi boschi di Landrock, da cui si poteva intravedere la lunga catena montuosa che separava la terra degli esseri umani, Sanderman, da quella magica, il Regno di Aldermon.

I cittadini del villaggio parevano persone da bene, sebbene temessero in maniera smisurata la presenza delle Anguane nei boschi, luogo nel quale non si recavano per alcun motivo.

Erano gli spettri di donne defunte in maniera violenta che infestavano gli alberi; tuttavia, se non si mancava loro di rispetto, non erano né aggressive, né pericolose.

L’unico problema dei cittadini era stato l’omicidio del signore feudale, disprezzato da tutti: il fatto che Lord Kalan fosse stato assassinato proprio tra i primi alberi che andavano formando il bosco, era evidente.

Aveva ricevuto una serie di palate sul capo e, come non bastasse, era stato pugnalato diverse volte e, in fine, gettato nel fiume. Andrick era lì da una settimana e non aveva trovato ulteriori elementi utili alla sua indagine.

Dalle macchie di sangue presenti sull’erba, il corpo era stato trasportato dall’acqua per due metri appena.

Chiunque avesse compiuto il delitto aveva gettato il corpo nel rivo, senza valutare il fatto che si sarebbe incastrato tra le pietre che affioravano dall’acqua.

Andrick trovò assurdo che il cadavere non fosse stato spinto nel fitto bosco. Tra gli alberi, sarebbe stato divorato da qualche creatura, certamente non dalle Anguane, ed ecco che il suo intervento non sarebbe stato richiesto. Invece, il corpo privo di vita era stato rinvenuto il giorno seguente da una paesana di mezza età, mentre si recava a prendere un secchio d’acqua.

Non appena era giunto nel piccolo paesino, la prima persona con cui aveva dialogato era stata proprio lei, ancora sconvolta e spaventata. La contadina aveva espresso tutto il suo disgusto per la vittima, ma aveva assicurato che la moglie di quest’ultimo, Lady Lovianna, sarebbe perfettamente stata in grado di gestire tutte le burocrazie del villaggio senza alcun problema, sebbene non avesse ancora ricevuto ufficiali disposizioni dalla Corona.

Così, il Mago si era recato nel palazzo per interrogarla.

 

Una donna composta, dai capelli scuri, molto cortese e disponibile; così si era rivelata la moglie di quello che, nel villaggio, apostrofavano come ‘feccia della peggior specie’. Andrick stesso non aveva potuto dire il contrario e la nobildonna pareva tutto fuorché dispiaciuta per la perdita del marito.

I due signori feudali non avevano figli e la loro vita non era delle più felici; spesso Lord Kalan trascorreva le serate in compagnia di donzelle da taverna e soldati, tornando a casa ben poco lucido, cosa che causava spesso dei burrascosi scontri fisici con Lovianna, eppure questa continuava a rimanergli fedele.

Qualcosa, in lei, non convinceva appieno il Mago e decise che il giorno seguente, sarebbe andato a parlarle ancora.

Aveva solo due opzioni circa l’omicidio: o l’assassino non era un vero assassino e, dunque, non aveva alcuna dimestichezza nel compiere un simile gesto, cosa che gli aveva fatto commettere quel terribile errore, oppure si trattava di qualcuno di corporatura esile,

impossibilitato a trascinare il corpo fin dove s’infittiva; non era comunque da escludere che le opzioni fossero entrambe.

Sospirò, chiuse le palpebre a coprire gli occhi grigi e si allungò sulla sedia di legno, Si sentiva a suo agio nella camera dove alloggiava, ma la sua vera casa si trovava a Woodsbury, dove, ad attenderlo, c’era sempre il radioso sorriso di Adelia e un piatto di zuppa calda.

Sollevando le palpebre, si voltò intorno per ammirare la mobilia di legno dell’umile stanza che il fabbro Edmond gli aveva offerto.

Con un gesto abitudinario smosse i lunghi capelli color tortora scuro. Rispetto alle acconciature che solitamente si vedevano nelle terre umane, aveva molte ciocche che gli arrivavano sino al mento, due ciuffi davanti leggermente più lunghi e una spessa e lunga ciocca che gli giungeva oltre la metà della schiena.

Era stato proprio l’anziano fabbro ad accompagnarlo sul luogo del delitto, indicandogli il corpo estratto dall’acqua e posizionato sull’argine del fiume.

Li aveva accompagnati la piccola nipotina di quasi dieci anni, Polina, che viveva con lui e spesso lo aiutava nella bottega.

Tornando verso il paese e parlando con l’uomo, l’investigatore era venuto a sapere che la bambina era rimasta tragicamente orfana di entrambi i genitori quando era molto piccola; tuttavia, le piaceva la sua vita insieme al nonno.

 

«Purtroppo, in questo piccolo paesino, non possediamo luoghi consoni dove alloggiare per un uomo del vostro rango, Lord Andrick. L’unico posto è la taverna, all’ingresso del villaggio.» Aveva detto il fabbro Edmond ritornando dal bosco

Il Mago aveva sorriso anche in quel momento e con gentilezza.

«Un uomo del mio rango, come dite voi, non ha bisogno di reali smancerie, Edmond, e si accontenta di un comunissimo letto dove distendersi. Inoltre, la taverna è un posto fin troppo affollato per i miei gusti e non riuscirei a organizzare bene le mie idee. E, per piacere, chiamatemi solo Andrick.»

Apprezzava il suo titolo di Lord, concessogli dal Re in persona, per i suoi servigi al popolo, ma preferiva rimanere fedele al suo stile di vita semplice.

«Voi siete un Mago, vero?» Aveva chiesto la ragazzina, esaltata, mentre camminavano per ritornare a casa.

Il nonno l’aveva richiamata, ma Andrick non si era scomposto e aveva riso, divertito. Si era accovacciato di fronte a lei e le aveva mostrato il suo spesso bastone da passeggio.

«Vedi questo? In realtà, questo è un bastone magico e mi aiuta a rilasciare gli incantesimi più complicati e a svolgerli.»

Poi si era scostato una delle ciocche di capelli dietro l’orecchio, mostrando grossi orecchini d’oro a cerchio che portava su entrambi i lobi delle orecchie.

«Questi, invece, sono il simbolo di appartenenza alla Casta dei Maghi di Erkham e, come puoi notare, i miei capelli non hanno un colore propriamente normale.»

Con il viso illuminato dall’emozione, la bambina saltellò sul posto e batté ripetutamente le mani.

«Anche la vostra acconciatura è particolare, ma mi piace molto!»

«Da dove vengo io, i miei capelli non sono poi così speciali.» Rispose.

Poi, il Mago le porse il proprio bastone.

«Vuoi portarmelo tu fino a casa?»

Edmond l’aveva ringraziato moltissimo, mentre la piccola Polina saltellava, ridendo, stringendo tra le mani il bastone, che Andrick aveva reso più leggero con un incantesimo.

Il Mago mise a fuoco solo in quel momento, ciò che vedeva fuori dalla finestra della stanza. Grossi nuvoloni neri avevano cominciato ad abbattere sul terreno il loro carico di pioggia.

Estrasse dalla tasca una catena d’oro, legata a quello che poteva sembrare un orologio da taschino. Sollevò il coperchio e i sottili ingranaggi all’interno presero a muoversi con lenta regolarità rilasciando una dolce melodia.

Come sempre, quella musica lo placava quando era nervoso e lo aiutava a ragionare.

Due colpi secchi interruppero l’incanto.

«Chiedo perdono per l’interruzione,» disse il fabbro aprendo la porta, «ma la cena è quasi pronta.»

«Vi ringrazio, Edmond. Arrivo subito.» Assentì con un sorriso cordiale.

Gli occhi scuri di Polina si concentrarono sul carillon che l’uomo teneva in mano e così l’investigatore le disse di avvicinarsi. La piccola non se lo fece ripetere due volte, mentre il nonno tornò nell’altra stanza.

«È un oggetto magico?» Domandò, osservandolo bene da vicino.

Il Mago rise, spiegandole che si trattava unicamente di uno strumento capace di riprodurre una musica ogni qualvolta lo si volesse; era necessario aprirlo per fargli sprigionare la melodia.

«Mi piace molto questa musica!» Affermò la ragazzina, ascoltando attentamente le note.

«Si, piace molto anche a me.»

Polina non ci prestò attenzione e l’uomo chiuse il carillon, rinfilandoselo nella tasca dei pantaloni, coperta dalla giacca verdognola. Insieme, si recarono nella sala da pranzo, si sedettero al tavolo e si servirono il cibo preparato dall’anziano fabbro.

Il nonno aveva fatto promettere alla bambina di non disturbare mai il Mago durante il lavoro, ma all’ora di cena la ragazzina non riusciva a frenare la propria curiosità.

«Nel posto dalla quale provenite, ci sono animali?»

Andrick scoppiò a ridere, poggiando la forchetta sul tavolo. Anche il vecchio fabbro rise divertito e accarezzò i capelli della nipotina con affetto.

«Ma certo che ci sono animali, solo che sono un po’ diversi.» Rispose. «Ad esempio, abbiamo i Gremidi, che sono dei gatti grossi quanto una lince e possiedono quattro orecchie appuntite. Sono l’ideale per gli inseguimenti proprio grazie a quest’ultimo particolare.»

Le raccontò anche della presenza delle Sernidi: delle lucertole bluastre, poco più grosse di un topo, prive di coda e con sei zampe.

«Si mangiano.» Affermò il Mago.

La bimba fece una smorfia di disgusto.

«Se non ci si è abituati, possono fare senso, ma hanno un buon sapore.»

Bevve un sorso di vino, le spiegò che quella strana tipologia di rettili veniva cucinata insieme alla Siméntora, un’erba filamentosa adatta per cucinare, dal sapore dolciastro ma forte.

«E ci sono anche animali da cavalcare?» Chiese ancora Polina, masticando, poi, un boccone di carne.

Il Mago annuì e prima di portarsi la forchetta alle labbra, rispose.

«Naturalmente, ma anche qui ci sono alcune diversità.»

Le spiegò che anche i draghi potevano venir cavalcati, ma non tutte le razze di quella specie erano facilmente domabili, così il suo popolo preferiva utilizzare bestie come i Brancoronti e i Cherendri. I primi erano simili ai rinoceronti, se non per la presenza di un terzo corno in mezzo alla fronte; gli altri, invece, erano normalissimi cavalli con la particolarità di avere l’intero corpo, eccetto gli zoccoli, la coda e la criniera, ricoperti di squame, come fossero dei draghi.

«Erbivori, entrambe le specie.»

Quando la bambina andò a dormire, felice della chiacchierata, l’anziano fabbro si sedette nuovamente in tavola, accanto a lui.

«Questo caso vi tormenta in particolar modo, Andrick?»

L’aldermoniano sospirò e annuì, incrociando le braccia sul bordo del tavolo.

«Non è particolarmente complicato, ma è contorto.» Confermò.

Edmond gli verso altro vino, lui guardo il liquido denso e portò il bicchiere alle labbra, mormorando.

«È come se si trattasse di due persone differenti.»

Il vecchio inarcò un sopracciglio e si sporse leggermente verso di lui.

«Non capisco, che intendete?»

«Abbiamo già stabilito che le ferite alla testa di Lord Kalan sono state causate da una pala agricola, rubata al fattore Simons; strumento non esattamente leggero da manovrare, che è stato addirittura fatto sparire. Poi, per qualche strana ragione, l’assassino ha ripetutamente pugnalato il corpo con qualcosa di simile a un coltello, che, invece, è stato lasciato conficcato nel torace del signore feudale.»

Si strofinò gli occhi con le mani, e si allungò comodamente sulla sedia.

Il fabbro annuiva assorto.

«Insensato, oserei dire. Dunque, il nostro assassino è qualcuno che non ha alcuna familiarità con gli omicidi.»

Alle parole di Edmond, il Mago scosse la testa.

«Su questo, sono d’accordo con voi, ma non credo che chi abbia commesso il delitto sia uno stupido. Quel coltello è stato lasciato lì di proposito!»

Il fabbro sgranò gli occhi, muovendo leggermente la testa, contrariato.

«Ma a quale scopo? Sarebbe ridicolo!»

«Non se qualcuno stesse cercando di proteggere il vero assassino.» Continuò Andrick.

«Intendete che i colpevoli sono due?» Domandò il fabbro.

Il Mago rispose che non era un’ipotesi da escludere, ma servivano prove reali. Inoltre, la faccenda del fiume non gli quadrava.

«Deve essere qualcuno con una struttura fragile. Ad ogni modo, non credo che Lord Kalan sia stato ucciso per aver causato qualche rissa nella locanda o per dei semplici modi bruschi nei confronti dei cittadini. Penso ci sia sotto qualcosa di più grosso…»

«Dovete tener conto, Andrick, che nessuno di noi si spingerebbe troppo all’interno dei boschi di Landrock.»

Nuovamente, l’uomo interpellato scosse la testa.

«Una persona disperata, disposta ad uccidere per proteggere, sarebbe anche disposta a rischiare la vita; anche se, concedetemi di dirvi che le Anguane non sono così tremende come credete.»

«Perciò voi siete del parere che il motivo per la quale il corpo è stato gettato nel fiume, anziché venir trascinato nel bosco, non abbia nulla a che fare con quelle creature?»

Il Mago annuì con fermezza e il vecchio fabbro scoppiò a ridere di gusto.

«Sapete una cosa? Se avessi una cinquantina di anni in meno, mi piacerebbe lavorare con voi: Mi affascinano incredibilmente i vostri ragionamenti!» Con un sorriso, alzò il bicchiere verso lo Stregone. «Con un assassino in giro è difficile vivere sereni, ma sono certo che arriverete a scoprire la verità!»

Dopo l’ultimo brindisi, Andrick si recò in camera sua, si sbottonò e si tolse la giacca. Si sdraiò sul letto, portandosi un braccio sotto la testa, e fissò il soffitto.

Pensava di risolverla più rapidamente, ma questa faccenda era davvero complicata; poteva trattarsi di una moglie stufa dei tradimenti e di essere malmenata. Con la sparizione della pala, aveva ottenuto il permesso di perquisire il palazzo e non aveva trovato niente del genere, se non nell’umida cantina, ma le dimensioni dell’attrezzo non corrispondevano affatto con quelle sulla testa della vittima.

Tutti, nel paesino detestavano il signore feudale e al funerale dell’uomo, tenutosi due giorni dopo l’omicidio, nessuno aveva espresso il proprio rammarico. Erano tutti visibilmente sollevati per la sua scomparsa, dunque, Lord Kalan, doveva aver esagerato in qualche maniera e con qualcuno di ben specifico.

I colpi di pala erano arrivati da dietro, mentre le pugnalate doveva averle viste arrivare, a meno che non fosse ancora incosciente.

Estrasse dalla tasca il carillon, lo aprì e si voltò sul fianco, appoggiandolo poco distante dal suo petto. Si lasciò inebriare da quella melodia, e si addormentò.

Al risveglio, Andrick si sentiva carico. Salutò cordialmente il fattore e la nipotina. Loro ricambiarono, mentre si preparavano per recarsi nella bottega. Uscendo di casa, il Mago promise a Polina che, alla sera, le avrebbe insegnato qualche parola di aldermoniano.

Lady Lovianna lo stava attendendo nel lussuoso salotto del palazzo e aveva fatto preparare per lui un gustoso infuso giallognolo.

«Buongiorno, Lord Andrick.» Lo salutò cordialmente, abbassando la testa ed invitandolo ad accomodarsi al tavolino, posto tra le due poltrone rosse.

Lo Stregone rispose al saluto, poggiò il bastone da passeggio e si sedette insieme a lei.

«Vi trovo particolarmente radiosa, oggi. Ci sono stati, forse, sviluppi interessanti che vi riguardano?»

La donna rispose affermativamente, spiegando che dal castello del Re era giunta una lettera, in cui le veniva concesso di occuparsi delle terre feudali del marito, senza necessità di doversi risposare, e, rapida, gli porse la lettera.

Quando terminò di leggerla, l’uomo si congratulò con lei.

«Mi tocca sperare che per ottenere un simile privilegio vi siate macchiata di un crimine, Lady Lovianna.»

La nobildonna scosse la testa, completamente rilassata.

«Ve l’ho già detto, Lord Andrick: Quel giorno, mi recai nel paese, per godermi la festa, ma rientrai di buon’ora, a causa di una forte emicrania. A mio sfavore, nessuno dei miei servi può confermare quanto detto.»

«Sì, sì. Era stata loro concessa la giornata libera proprio in vista della celebrazione del patrono protettore del vostro feudo.» Concluse il Mago, con un sorriso, marcandole il fatto che rammentasse perfettamente quanto Lovianna gli ebbe detto al loro primo incontro.

Ammirò la calda bevanda all’interno della tazza, girò il cucchiaino d’argento e la cosa divertì la donna.

«Non avrete paura che vi avveleni? È solamente un decotto di…»

«Malva e zenzero.» Terminò lui, divertito dall’affermazione della signora feudale.

«Quasi dimenticavo che nel Regno di Aldermon spesso si preparano decotti e infusi magici.»

Andrick ridacchiò, bevendone un sorso, ma negò l’affermazione della donna.

«Si, è così, ma non posso vantarmi di essere un esperto pozionista. Non sono un’incapace, ma neppure il migliore o il più informato.» Ammise, aprendo leggermente le braccia, reggendo in mano la tazza. «La verità è che, quand’ero un bambino, mia madre mi preparava questa bevanda tutte le sere, prima che mi addormentassi, per evitarmi malanni stagionali.»

Lady Lovianna ascoltò, interessata, sorseggiando il proprio infuso, seduta compostamente, fin quando l’uomo smise di parlarle della sua vita e fece un’osservazione curiosa.

«In ogni caso, trovo interessante, per non dire quasi anomalo, il fatto che una nobildonna pari a voi non abbia strani modi di porsi nei confronti della mia etnia o del mio Regno di appartenenza.»

«Avete ragione, può apparirvi strano, ma, in fondo, non ho mai amato far differenza e disprezzare le cose puramente per la loro diversità.»

«Questo vi fa onore e ve ne sono riconoscente.» Chinò la testa, poggiando la tazza vuota sul tavolino e alzandosi in piedi.

Afferrò il bastone da passeggio e si congedò dalla donna.

«È il momento di andare a complimentarsi con chi vi ha aiutata a divenire signora feudale, Lady Lovianna, ma ci rivedremo.»

Così dicendo, sorrise, e uscì, dirigendosi fuori dal palazzo.

 

Si recò ancora sul luogo dell’omicidio, accanto al fiume, e passeggiò tranquillamente, cercando di ripercorrere le mosse dell’assassino. Si convinse definitivamente che chiunque avesse colpito la vittima alla testa, avrebbe potuto anche trascinarlo più in mezzo al bosco; magari con un po’ di fatica, ma sarebbe stato semplice non farsi notare, dato il raduno dei cittadini nel centro del villaggio.

Continuando a camminare, raggiunse la taverna dove Lord Kalan era solito recarsi: i locandieri erano sempre ben informati, specie in un piccolo paesino come quello.

Trovò il figlio dell’oste che serviva ai tavoli; gli chiese di parlare con il padre, anche se lo aveva già interrogato qualche giorno prima, ottenendo numerose informazioni sulla vittima.

«Qualcosa sugli abitanti?» Ripeté l’uomo, grattandosi la barba arricciata. «Posso dirvi tutto e niente, dipende dalla domanda. Ne avete una in particolare? Se mi chiederete chi odiava Lord Kalan vi dirò tutti, ma se mi chiedete se al paese ci sono stati altri omicidi, in passato, vi risponderei che non mi risulta.»

«No, questa volta vi chiederò proprio di raccontarmi la vita di ogni cittadino, indipendentemente dalla questione dell’assassinio del signore feudale.»

Dopo quasi tre ore di chiacchierata, mentre Andrick sentiva, ormai, le tempie martellargli senza requie, il locandiere terminò il suo lungo racconto.

«Capite? Quell’uomo ci rovinò tutti, dal momento che mise piede in questo posto! Aver alzato le tasse, in una maniera simile, ha causato molte morti. La gente non riusciva più neppure a sfamarsi, ma, per fortuna, questo travaglio è finalmente terminato e Lady Lovianna rimetterà le cose a posto! Lei si che sa cosa significa guadagnarsi da mangiare, povera diavola, e io, personalmente, mi impegnerei per fare una statua di onorificenza a chiunque abbia messo a tacere quello zotico. Perché diciamocelo, Lord Andrick, io non sarò un nobile, ma mi reputo migliore di un essere spregevole come il defunto Kalan!»

Il Mago sgranò gli occhi e ringraziò il locandiere, stringendogli calorosamente la mano e lasciandogli dieci monete d’argento, che l’uomo fissò sbalordito ed esaltato, mostrandole immediatamente al figlio. A malincuore, si diresse nuovamente verso il palazzo nobiliare.

Tornando di gran passo verso il palazzo, Andrick vide la donna alla finestra; era in parte celata dalle tende rosse, ma non abbastanza da nascondere le lacrime che le solcavano le guance

Quando Andrick entrò nell’ampio soggiorno, si rese immediatamente conto che la donna lo stava attendendo. Aveva i capelli scuri intrecciati come la prima volta che l’aveva incontrata, ma dal riflesso sul vetro, poteva vedere che il sorriso che, all’epoca, gli aveva riservato era svanito nel nulla.

Rimase fermo davanti alla porta, con le mani dietro la schiena, a reggere il bastone.

«Lady Lovianna.» La salutò cordialmente, ma con tono piuttosto cupo, chinando appena la testa.

«So a cosa pensate, Lord Andrick, e, in parte, avete ragione… Tuttavia, non sono stata io a dargli il colpo di grazia. Non ne ho avuto il coraggio.» Annuì la donna, con un sospiro.

«Chi siete realmente?» Le domandò, mentre lei si allontanò dal davanzale.

Senza guardarlo in faccia, si accomodò sulla poltrona rossa di tessuto lucido, passandosi la mano sul viso. Andrick la imitò, prendendo posto di fronte a lei; incrociò le gambe e attese che la donna trovasse il coraggio di prendere parola.

«Vedete… Io non ho mai avuto molto dalla vita, ma non ho sposato Lord Kalan per ottenere ricchezze.» Sospirò ancora, distendendo poi le labbra in un sorriso. «La cosa più importante che possedevo era mia figlia. Mio marito compiva un lavoro umile, ma ci facevamo bastare ciò che avevamo; eravamo felici.»

Sorrise nel ricordare quei momenti, ma poi si incupì nuovamente; il Mago non disse una parola. «Quando mio marito morì in una delle miniere a nord, io non avevo nulla con cui sfamare la mia bambina.»

«Polina.» Dichiarò l’uomo con convinzione.

Lovianna sorrise in un modo che solo una madre poteva fare nel sentir nominare la figlia.

La donna aveva sacrificato il suo corpo e la sua anima a quel verme di Lord Kalan, pur di riuscire ad avere un modo per sfamare la bambina. Questo poteva essere parte del movente per l’omicidio, oltre alla stanchezza del venire costantemente utilizzata e percossa, ma la donna si professava innocente e Andrick si sentì di crederle.

«Era molto piccola quando io me ne andai e mi vergognai di farle sapere che sua madre aveva sposato un uomo del genere. Siamo persone umili ma per bene, capite?» Gli occhi scuri quanto i capelli si fecero lucidi e non tentò neppure di reprimere le lacrime.

«Non sa che voi siete sua madre?» Domandò l’uomo, alzando un sopracciglio, dispiaciuto.

Lovianna annuì ancora, alzando le spalle con un misero sorriso.

«Lei non ha la più pallida idea di chi io sia. La lasciai insieme a mio padre, perché si prendesse cura di lei e la crescesse, dicendole che entrambi i suoi genitori erano deceduti quando lei era solo una neonata.»

La donna era sincera, ragionò lui; persino la sua reazione del parlare del Regno di Andermon era la medesima della figlia, incuriosita e ammirata.

La donna disse che neppure Lord Kalan era consapevole dell’esistenza della ragazzina e il tutto era stato deciso dalla donna, per proteggerla.

«Quell’uomo… Quel…» Strinse i pugni, arricciando il naso, disgustata da ciò che stava per dire. «Non faceva alcuna differenza tra una bambina e una donna…»

Spiegò anche che, qualche volta, durante la sera, riusciva a divincolarsi dal palazzo e a recarsi nella casa dove abitava la bambina. Passava ore fuori dalla finestra a osservarla di nascosto, ma solo quando era assolutamente certa che il marito fosse profondamente ubriaco o fosse nella taverna nel paese, in compagnia di prostitute.

«Vi ho mentito.» Ammise la donna, alzando il capo per incrociare i suoi occhi grigi. «La sera in cui mio marito è stato ucciso, non avevo preso alcun infuso per dormire ed ero ben vigile.»

«Andate avanti.» Esclamò Andrick, con voce calma.

«Quel pomeriggio, sul tardi, andai in paese per passeggiare tra le bancarelle della festa, sperando di poter vedere Polina gironzolare per le vie, ma, quando la trovai, vidi qualcosa di inconcepibile!

«Lord Kalan, ubriaco come non mai, in compagnia di altri uomini del suo stesso calibro, stava facendo delle richieste volgari a un gruppo di giovani donne, radunate in gruppo in occasione della festa e, tra loro, vi era anche la bambina.

«Quando cominciò la processione, si spostarono tutti, seguendo la massa, ma mia figlia venne fermata da lui. Le propose cose irripetibili, Signore, e la trascinò di forza verso il bosco.»

Il Mago aveva supposto qualcosa di simile, ma sentirlo raccontare dalla donna gli fece contorcere le viscere.

«Una cosa disgustosa come quella, Lord Andrick, non l’avevo mai vista in vita mia. Ho sentito una rabbia dentro e una forza indescrivibile!»

Lovianna, allora, aveva rubato una pala, trovata poco distante e lo aveva seguito svelta.

«Fortunatamente, li trovai in tempo. Lo colpii in testa con tutta la forza che avevo e feci scappare Polina, che non mi vide in faccia. Continuai a malmenarlo, ma sono sicura che fosse ancora vivo quando me ne sono andata!» Fece una pausa, riabbassando il tono di voce. «Avrei voluto eliminarlo, ma poi ho avuto paura: Se mi avessero arrestata non avrei potuto più fornire delle monete per la mia bambina, così mi trattenni, lasciandolo sull’erba.»

Dopo quelle parole, il Mago si alzò, sospirando, e chinò la testa, camminando verso la porta, dal quale era entrato poco prima.

«Dove andate?» Si mise in piedi lei, stringendosi le mani.

L’uomo si fermò, voltandosi a guardarla con un sorriso incoraggiante.

«Dal vero colpevole, Lady Lovianna.»

«Voi sapete chi è?» Fece un passo verso di lui e Andrick annuì.

«Si, lo so… E ora, vogliate perdonarmi, milady, ma ho un assassino da affrontare.»

Uscì, lasciando la donna perplessa.

 

L’ora del pranzo era quasi giunta e quando arrivò dinnanzi alla bottega di Edmond, il fabbro era seduto sopra una panchina, ammirando il paesino invaso dal sole e dal cinguettio degli uccellini che svolazzavano in giro. La piccola Polina stava giocando insieme ad altri bambini non molto distante, sotto lo sguardo del nonno, che sorrideva.

Andrick spostò lo sguardo verso di lei, fermandosi a un metro dall’anziano uomo.

«Ve l’avevo detto che avreste risolto il caso.» Esclamò Edmond, senza tristezza nella voce.

Accanto a lui, vi era la valigia da viaggio dell’aldermoniano, che egli stesso aveva preparato prima di uscire.

Il Mago gli si sedette accanto, osservando anch’egli la bambina. L’umano annuì.

«E, se vi interessa saperlo, ci avevate azzeccato appieno.»

Lo Stregone si voltò a guardare l’uomo che gli sorrise.

«Le mie ossa ormai cadono a pezzi: Non ho avuto paura delle Anguane, ma non sarei davvero mai riuscito a spingerlo verso il bosco! Sperai che il fiume l’avrebbe portato al mare, in quanto la distanza è breve, ma ho commesso un errore.»

«Immagino che il ferro, all’estremità della pala, l’abbiate fuso.» Esclamò Andrick, sapendo di non sbagliarsi, indicandogli con la testa la bottega da fabbro.

L’uomo annuì, riferendo che il bastone di legno, invece, l’avrebbe trovato all’interno, nascosto tra le spade, pronte per essere consegnate.

«L’avrei mandato lontano, fingendo di aver inserito un banale pezzo di legno per errore.»

Si era reso perfettamente conto che Lord Kalan era vivo, ma temeva che, in qualche modo, si potesse risalire a sua figlia, e non poteva permettere che venisse incolpata di tentato omicidio, così aveva utilizzato un coltello.

Alla piccola bambina era stato spiegato trattarsi solamente di un gioco ideato dal signore feudale, ma di non parlarne con nessuno, in maniera che non venisse accusata o ritenuta complice dell’omicida, e così Polina aveva fatto, tacendo su tutto, anche con Andrick.

«Quel mostro aveva già rovinato la vita di mia figlia… Ora potrà essere felice, ma è stato un vero sacrificio, il suo! Quando la vidi, quel giorno, la seguii.» Iniziò a spiegare Edmond. «Speravo di riuscire ad abbracciarla di nascosto. Non tutti, qui a Merfield conoscono la sua vera identità; Solo i più anziani o le persone di mezza età sanno chi realmente lei sia…»

«Come il locandiere.» Dichiarò Andrick, tristemente, alzando la testa per guardare le fronde degli alberi sopra di sé.

«Sapevo che sareste giunto alla conclusione giusta, ma, come avevate supposto, io non sono un assassino. Sono solo un misero fabbro, che si accontenta della vita che svolge e che non ha paura di affrontare il proprio destino.»

«Già. Questa è stata la vostra debolezza.» Concluse il Mago. «Se mi aveste ucciso, i vostri problemi sarebbero finiti per sempre, insieme a me.»

«Credetemi, Andrick. È stata una cosa che non so neppure spiegarvi.» Scosse la testa. «Quella feccia… Aveva già rovinato la vita di Lovianna, ma quando ho capito che avrebbe voluto mettere le mani su mia nipote, il mio cervello è rimasto completamente annebbiato.»

Proprio in quel momento, la piccola Polina venne avvicinata dalla signora feudale, che si accovacciò accanto a lei e le regalò una rosa gialla contornata di rosso. L’espressione smorta che aveva in faccia, quando Andrick aveva abbandonato il palazzo poco prima, era completamente svanita e, al suo posto, c’era un grazioso sorriso.

Le disse qualcosa di gentile e incomprensibile alle loro orecchie, poi, la bambina, dopo averla ringraziata molto formalmente, corse lontano, saltellando. Raggiunse i due, felice di rivedere lo Stregone, al quale mostrò il fiore, regalatole dalla nobildonna.

Il Mago sollevò gli occhi verso Lovianna e lo stesso fece il padre; gli occhi della nobildonna s’incupirono nuovamente, rimase ferma sul posto con il cuore in gola, proprio mentre la ragazzina prendeva il nonno per mano.

«Nonno ho fame. Possiamo andare a mangiare?»

Il fabbro si voltò verso il Magocon sguardo titubante.

«L’aldermonianosi alzò in piedi, scompigliò i capelli alla piccola e le si accovacciò di fronte.

«Questo è un fiore speciale e ricordo anche di averti promesso di mostrarti qualche incantesimo, prima di andarmene.»

Quando pronunciò la parola “incantesimo” gli occhi di Polina brillarono e l’uomo le disse di tenere la mano ben aperta a mostrare la rosa. Appoggiò delicatamente le mani sul bocciolo schiuso, attento a non rovinarla.

Terminato l’incantesimo, lo Stregone dichiarò, poggiandole le mani sulle spalle.

«Questa rosa, adesso, durerà per sempre. Non appassirà mai, proprio come l’amore eterno simboleggiato dai suoi colori.»

La bambina lo strinse forte. Si separò leggermente da lui e, sorridente, gli chiese: «Come si dice ‘grazie’ nella vostra lingua?»

Lo Stregone sorrise di rimando, rispondendole: «Akenat.»

La piccola gliela ripeté, con un gioioso tono di convinzione.

Andrick si mise in piedi, con la bimba abbracciata ai suoi pantaloni marroni e le accarezzò i capelli scuri. Edmond si alzò dalla panca, sotto il lontano sguardo vigile e timoroso di Lady Lovianna; il fabbro si rivolse al Mago e, per non farsi udire da Polina, mormorò.

«Manderete qualcuno a prendermi o mi scorterete voi?»

Era chiaro che intendesse sapere come sarebbe giunto alle carceri di Arnacar, sede del palazzo reale del Regno degli umani, ma l’uomo sogghignò.

«Non credo abbiate bisogno di me per tornare a casa. La strada dovreste conoscerla e, inoltre, ho qualcuno, a casa, che mi aspetta; dunque, vorrete perdonarmi se ora mi accomiato.» Rispose, facendo comparire, sul suo viso, un sorriso che valeva più di mille parole.

Si allontanò di qualche passo, facendo roteare il bastone nella mano, ma l’altro lo seguì, con occhi sbarrati.

«Ma… Andrick, cosa significa tutto questo?» Domandò sconcertato.

«Significa che non vedo il motivo di tanta agitazione per il “fortuito” delitto di Lord Kalan, ‘sfortunatamente’ passato a miglior vita, grazie a chissà quale temibile banda di predoni.»

Spiegò, aggiungendo poi, facendo spallucce. «Cose che capitano, anche nelle migliori famiglie.»

Gli occhi dell’anziano fabbro si gonfiarono di lacrime e afferrò rapidamente la mano libera dell’aldermoniano, stringendola con tutta la forza che aveva.

«I-io non possiedo niente, come posso ripagarvi?! Forse, Lovianna potrebbe…» Ma il sorriso di Andrick gli fece morire le parole in gola.

«Il denaro riempie lo stomaco, ma non il cuore!»

Salutò, così, il vecchio e la bambina, rivolgendosi poi alla nobildonna con un lieve inchino, e si allontanò.

Guardarono, tutti e tre, l’uomo allontanarsi verso nord, munito di bastone e borsa, e la bambina, ignara di ogni cosa, domandò, con un sorriso: «Non lo dimenticheremo mai, vero nonno?»

Edmond, con gli occhi arrossati e un gran sorriso, fissò la singolare chioma di Andrick svolazzare al vento.

«Mai. Dimenticare un uomo del genere sarebbe un disonore imperdonabile.»

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